Storia - Come eravamo
Ultima modifica 21 novembre 2017
Come eravamo ...
Percorrendo oggi le vie della nostra città, risulta difficile pensare che essa abbia origine contadina. Le mappe Sette-Ottocentesche ci restituiscono l'immagine di un borgo le cui abitazioni erano prevalentemente concentrate in quello che chiamiamo centro storico mentre tutto intorno si sviluppavano campi agricoli e poche cascine.
E' nel secondo dopoguerra che Muggiò fu interessata da un'espansione urbana che via via assoggetta tutto il territorio: le piccole attività industriali che si sviluppano in paese insieme alle possibilità di lavoro offerte dalle fabbriche in Milano e Sesto San Giovanni trasformano rapidamente l'economia muggiorese. Eppure, ad un occhio attento, girando per le vie della città è possibile ancora individuare le testimonianze del passato, quelle risparmiate da degrado e demolizioni.
La vicinanza a Milano portò Muggiò nel '700, come molti paesi della Brianza, ad essere eletta quale luogo di villeggiatura della nobiltà milanese: furono le famiglie Casati ed Isimbardi a legare il loro nome alla nostra città lasciando pregevoli architetture di foggia neoclassica.
La Villa Casati Stampa di Soncino con il suo parco all'inglese, oggi parco urbano, è collocata nel centro storico. La villa è stata edificata su di una preesistente abitazione cinquecentesca proprietà dei nobili Casati, dove fu alloggiato il Cardinale Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale del 1579. L'edificio cinquecentesco fu modificato a fine '700 per desiderio di Agostino Casati, che avendo visitato Vienna, voleva trasformare l'umile abitazione in una villa di delizia dall'indubbio pregio architettonico. Fu così realizzato un nuovo edificio in stile neoclassico, conservando dell'originale solo l'ala antistante; il lavoro fu affidato all'architetto viennese Leopoldo Pollach.
La facciata sud della villa è caratterizzata dal portico, sorretto da sei grandi colonne con capitello ionico, sovrastato da una fila di finestre e dal timpano. Al piano rialzato e al primo piano si trovano due sale ellittiche con volta a cupola e preziosi pavimenti in seminato veneziano, con decoro centrale e greca perimetrale in pietre policrome. La sala ellittica si ripete su quattro livelli, all'ultimo dei quali, si innalza una torretta poggiante in parte su colonne doriche in arenaria, che probabilmente fungeva da osservatorio.
La villa troneggia in un parco all'inglese progettato con apparente naturalità ma in realtà studiato per creare scenari ispirati a paesaggi pittorici. Tra i suoi abitanti illustri ci furono Gabrio Casati, primo Ministro della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia e Teresa Casati con il consorte Federico Confalonieri. Ormai fatiscente, fu acquistata dal Comune di Muggiò che dopo un accurato restauro, ha adibito la villa a Municipio nel 1982.
Palazzo Isimbardi fu abitazione di villeggiatura, nel XIX secolo, dei Marchesi Isimbardi e sorge dirimpetto a Villa Casati. Fu costruito sulla casa rurale di Don Pietro Antonio Croce per volere del marchese Gian Pietro Isimbardi quando ne sposò la figlia. Il nome del progettista non è noto, quanto alla data di costruzione potrebbe essere quella incisa su di una trave del sottotetto: 1783. L'architettura è quella tipica dei palazzi nobiliari: un corpo centrale articolato su due piani con innestati due fabbricati simmetrici, aventi il secondo piano poco più basso del corrispondente nel corpo centrale; essi delimitano la corte d'onore alla quale si accede da un'imponente cancello in ferro battuto posto direttamente sulla piazza. Nella corte sono ancora evidenti le antiche guide in granito che segnavano il percorso delle carrozze che conducevano dal cancello all'elegante triportico d'entrata del Palazzo, sorretto da possenti colonne di granito, attraverso il quale si giungeva nel giardino architettonico posto sul retro, ora non più esistente. All'interno vi è una sala dal soffitto affrescato con anfore e figure antropomorfe, chiuse da cornici con decori neoclassici. Sulla sinistra del Palazzo vi è la corte rustica del Palazzo, ora fatiscente, organizzata autonomamente ma collegata alla residenza nobile, tramite un passaggio aperto sulla corte d'onore. In seguito al restauro conservativo condotto nei primi anni '90, Palazzo Isimbardi è stato adibito a sede di alcuni uffici del Municipio.
Altra residenza nobiliare è Palazzo Taccona che si trova nella frazione omonima, sulla via che conduce da Muggiò verso Cinisello Balsamo e Milano.
Palazzo Taccona assunse la fattezze attuali nella seconda metà del XVIII secolo, da un preesistente edificio che la tradizione vuole di proprietà dei Marchesi Taccona. L'architettura del Palazzo è riconducibile alla classica tipologia a U, fortemente radicata nelle ville di delizia del Settecento lombardo: scompare la corte chiusa e nasce l'asse centrale che collega la strada con gli spazi interni e il giardino. Al centro del corpo principale il portico aperto con tre archi collega la corte con il giardino retrostante, mentre uno scalone d'onore, con gradini bassi e profondi per favorire la salita delle dame con lunghi abiti, conduce al salone da ballo al primo piano. Le ali laterali, di altezza inferiore rispetto al corpo centrale, accoglievano i locali di servizio. All'interno del Palazzo poco è rimasto inviolato ed il tempo ha fatto il resto: rimane la cappella nobiliare dei Tre Santi Magi, la cui origine è da ricercare ancora prima della costruzione del Palazzo.
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Accanto a queste architetture maestose vi sono le testimonianze della vita contadina: nel centro storico sono state risparmiate alle demolizioni alcune corti come la Curt di quaranta martir, la Curt nova e la Curt de Barus che conservano l'impianto della corte chiusa con portici e loggiati per l'essiccazione del granoturco e lo svolgimento delle attività quotidiane. Distribuite sul territorio, un tempo lontano dal centro ed immerse tra i campi, le cascine con una grande aia e gli spazi per il fienile: ne sono testimonianza Cascina Prati, Cascina Faipò e Cascina Santa Giuliana. Di questa vita contadina, profondamente improntata sulla fede religiosa, sono testimonianza anche le cappelle, luogo di sosta per una preghiera volta ad ingraziarsi il buon andamento dell'attività agricola.
La Chiesetta della Madonna del Castano è sorta nel XVI secolo per devozione popolare alla Madonna Addolorata, infatti la leggenda narra di una misteriosa apparizione su di un albero di castagno, di un gruppo scultoreo raffigurante la Beata Vergine Addolorata che indica ad un angioletto in lacrime il corpo morto del figlio Gesù che tiene tra le braccia.
La chiesetta, di piccole dimensioni e dalla semplice architettura religiosa campestre, è preceduta da un viale alberato di platani, delimitato da cippi commemorativi, sui quali sono incisi i nomi dei caduti muggioresi della prima guerra mondiale.
Affidata alla devozione popolare, la chiesetta attraversò condizioni di degrado sino al 1861, quando grazie alle generose offerte dei Marchesi Isimbardi fu possibile intraprendere grandi lavori di riparazione dell'edificio, che stava andando in rovina. Il 29 giugno 1937, vi fu la solenne consacrazione da parte del Cardinale Idelfonso Schuster, per completare la gloria e la religiosità del Santuario. Nel 1971, l'ultimo intervento di restauro portò ad un'operazione di recupero dell'immagine architettonica abbattendo il portico antistante la chiesa, impropriamente aggiunto nel 1930, ma al quale molti muggioresi erano particolarmente legati. Oggi la chiesa al suo interno è spoglia, priva di affreschi ma dominata da un bell'altare in marmo policromo di foggia barocca. In una grande nicchia sull'altare vi è il gruppo scultoreo della Beata Vergine Addolorata che tiene tra le braccia il Figlio morto, venerata nel Santuario e patrona della Città.
La Cappella di San Rocco è situata nel centro cittadino di Muggiò, sulla trafficata strada che conduce a Monza mentre un tempo era una cappella campestre. La costruzione dei Sancti Rochi Campestris, fu iniziata nel 1524 per devozione popolare al Santo, protettore degli appestati. Si presenta come un'architettura molto semplice preceduta da un pronao sorretto da due colonne in granito. All'interno la piccola Cappella ha un altare di marmo sopra il quale è collocata una statua del Cristo in Croce, che ha la particolarità di avere capelli veri. Soggetta all'incuria e al degrado in particolare negli ultimi decenni quando la presenza di una fermata d'autobus lungo il lato su strada e l'intenso traffico automobilistico, hanno contribuito ad aumentarne lo stato di fatiscenza in cui già versava, nel 2004 la Cappella è stata oggetto di un accurato restauro conservativo che proprio in questi mesi l'ha restituita al suo antico splendore. Il 16 agosto, in occasione della festività di San Rocco, la comunità religiosa di Muggiò si raccoglie intorno ad essa per la Messa e la recita del rosario.
La Chiesetta di Santa Giuliana è situata sulla via che, verso sud, conduce a Milano. E' l'edificio più antico di Muggiò: non è dato sapere quando fu edificata ma nei lavori di restauro eseguiti alla metà degli anni '60, è stato trovato un mattone quadrato risalente all'anno 1000 anche se è solo alla fine del XIII secolo che la sua esistenza è costantemente ribadita in tutti i documenti ecclesiali di Muggiò. Nel Liber Sanctorum Mediolani, sul finire del 1200, quando Muggiò era ancora chiamata Migioe, la Chiesa fu citata per la prima volta, da allora non si ebbe nessun'altra informazione sino al 1567. Attorno a questo semplice oratorio per almeno otto secoli si è stretta la piccola comunità residente nell'insediamento rurale che dalla Santa ha preso il nome, la Cascina Santa Giuliana che rappresenta un bell'esempio di complesso architettonico contadino. Col passare dei secoli il piccolo edificio ha subito diverse modifiche: nel 1750 fu realizzata una piccola sagrestia e si conosce da un documento del 1754 l'esistenza di un piccolo cimitero proprio di fronte alla cappella. Già malandato, nel XX secolo subì lo scempio di essere trasformato in un deposito dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale. Negli anni Settanta grazie all'impegno del parroco Don Giuseppe Perugia, la Chiesetta è stata restaurata ed ha assunto un nuovo volto: è stata dotata di un pronao sorretto da quattro colonne, andando contro chi avrebbe voluto mantenere le linee architettoniche originali, semplici ed essenziali delle cappelle di campagna.
(Testo a cura dell'Arch. Elisabetta Radaelli)