Umberto Diegoli - Pietra d'inciampo
Nato a Monza il 23 maggio 1926. Operaio ribattitore presso la Breda V all’interno della quale era già attivo dall’inizio del ‘43 nella propaganda antifascista.
Aderì al GAP sin dall’ottobre 1943 con il grado di combattente nel 17° distaccamento.
In questa veste partecipò al sabotaggio della linea ferroviaria che serviva la Falck e all’attentato al corteo funebre del federale Aldo Resega il 20 dicembre. Il 13 febbraio alle sei del mattino fu arrestato nella sua abitazione monzese per aver preso parte all’azione contro la casa del fascio di Sesto S. Giovanni. Duramente picchiato e torturato nel primo interrogatorio al carcere di Monza, nel quale subì anche una finta fucilazione, fu portato dopo dieci giorni a S. Vittore. Il 27 aprile fu avviato al campo di concentramento di Fossoli dove rimase per quasi due mesi.
Da S. Vittore i detenuti di quel trasporto furono trasferiti con dei camion alla stazione Centrale e qui vennero caricati sui carri merci dai sotterranei del binario 21.
Della sua permanenza nel campo modenese Diegoli ricorda che:
"...Nella mia baracca eravamo io, Paleari, Rizzardi, Bracesco, Bersan. La vita a Fossoli era anche monotona, la mattina l’appello e poi niente. Qualcuno faceva dei lavori di manutenzione, recintare il campo, piantare pali. Nel campo degli ebrei una notte sono entrate le SS ubriache, hanno buttato in aria i bambini piccoli o neonati e gli hanno sparato. Una cosa terribile. Un mattino su alcuni camion ci hanno portato a Modena e caricati su vagoni piombati. Mi ricordo che alcuni contadini, era il mese delle ciliege, hanno buttato nei vagoni cassette intere di ciliegie mentre ci facevano salire. I tedeschi lasciavano fare, In stazione non c’erano parenti o amici, nessuno sapeva niente di questa partenza."
Il convoglio che lo portò in Germania fu quello che da Fossoli partì il 21 giugno per Mauthausen, lo stesso di Paleari con il quale intreccerà la sua vicenda. Fu trasferito con lui a Wels, un campo satellite di Mauthausen dove si effettuavano riparazioni di componenti di auto e di aerei e poi a Linz. A questo proposito Diegoli ricordava:
“Ci andò bene perché ci misero a lavorare negli stabilimenti aeronautici, ci prendevano dalle baracche al mattino e ci riportavano alla sera, fu una vera fortuna perché in fabbrica si poteva mangiare. Il campo di concentramento era già in pieno lavoro e noi sapevamo prima di arrivare dei crimini che vi venivano commessi. Quando ci facevano fare la doccia nel campo, si vedevano oltre le bocche d’uscita le camere a gas. Avevamo sempre paura di morire.”
Il 10 aprile del 1945 Diegoli e Paleari evasero. Chiamati di notte a fare delle riparazioni e rimuovere delle macerie a Linz, appena bombardata, fecero saltare i fari che illuminavano l’area di lavoro e coperti dall’oscurità fuggirono, mentre le guardie sparavano qualche mitragliata alla cieca. I due raggiunsero Vienna dov’erano già arrivati i russi e, dopo altre peripezie che li portarono anche in territorio sovietico, arrivarono a Insbruck dove invece furono raccolti dagli americani. Dopo aver toccato anche Monaco di Baviera ed aver attraversato una Bolzano ancora in mani tedesche, giunsero a Milano l’8 maggio 1945.